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    giardino project, a cura di Giuseppe Amedeo Arnesano, è un luogo domestico del verde rivolto al confronto critico e politico nelle pratiche artistiche e curatoriali contemporanee. Un recinto urbano dove artistə e curatorə si alternano come ospiti di una residenza estiva.
Talk, interventi site-specific e operazioni editoriali sono azione e strumento di un processo di indagine dedicato alle dinamiche culturali e alle arti visive, ripensate in una visione periferica e di provincia come quella di un paese del Sud d’Italia
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VOLUME 1. LA CONDIZIONE UMANA






Volume 1. La condizione umana
 

21.07.21 |
Lucrezia Calabrò Visconti | Forme di sciopero nell’economia della presenza: dallo sciopero umano al femminismo estatico


13.09.21  |
Marco Vitale, Marco Musarò | The desert we sang so long
In occasione di Lecce Art Week presso Palai (viale Guglielmo Paladini, 50)
ingresso libero con prenotazione e green pass info@palaiproject.com
Durata: ’60 minuti
Ingresso pubblico: 17.30
Performance: 18.00-19.00

In un anno e mezzo di pandemia ci siamo adattati a forme nuove di relazioni, di linguaggi e di lavoro riuscendo a comprendere solo in parte la natura dei processi in corso. Questo cambiamento ha contribuito a distanziare e isolare ancora una volta l’individuo dalla collettività, alterando sempre di più il significato tra la sfera pubblica e quella privata e decostruendo quelle consuetudini sociali, politiche, economiche e culturali con le quali abbiamo vissuto fino al 30 gennaio del 2020.

Il volume uno di giardino project intitolato La condizione umana prende spunto dal saggio The Human Condition di Hannah Arendt, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1958, mentre in Italia viene diffuso con il nome di Vita activa, la condizione umana. Nella prima serata Lucrezia Calabrò Visconti, curatrice, art writer e collaboratrice della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino è tra le fondatrici di Art Workers Italia, presenta Forme di sciopero nell’economia della presenza: dallo sciopero umano al femminismo estatico, una lectio brevis dedicata all’individuazione di forme di sciopero praticabili nel contesto dell’"economia della presenza" contemporanea. In particolare l’intervento si concentrerà sul “femminismo estatico”, una corrente che attraversa il femminismo italiano degli anni Sessanta e Settanta proponendo l’uscita da sé come possibile strumento di azione politica.

Nel secondo e ultimo appuntamento presentiamo l’azione performativa di Marco Vitale e Marco Musarò dal titolo The desert we sang so long, una doppia operazione che in modo corale e intimo, costruita sul brano Janitor of Lunacy di Nico, guarda alla relazione tra i sistemi di potere e assoggettamento nelle dinamiche amorose ma anche in riferimento al riconoscimento minimo del salario sindacale. L’opera pone in esperimento una contraddizione, crea un luogo di contatto violento fra due elementi estremi e opposti: il lavoro salariato, contro l’archetipo presente invece nel gesto del bacio; il lavoro inteso come attività inferiore per eccellenza dell’essere umano, contro una delle sue manifestazioni più elevate e intime. Nell’opera di Vita Activa, spiega l’autrice, «propongo di designare tre fondamentali attività umane: l’attività lavorativa (labour), l’operare (work) e l’agire (action); esse sono fondamentali perché ognuna corrisponde a una delle condizioni di base in cui la vita sulla terra è stata data all’uomo». L’analisi che Hannah Arendt conduce sulla società del suo tempo riflette in modo speculare quella dei giorni nostri, poiché anche nel mondo contemporaneo l’eccessiva attività lavorativa (labour) e quella operativa (work) hanno depotenziato e soggiogato la condizione dell’agire (action), ovvero la dimensione relazionale più elevata, che riguarda il confronto plurale tra gli individui.

Per la filosofa tedesca di origine ebraica l’agire è inteso nella sfera politica, e dunque nell’azione pubblica, come un momento di confronto, partecipazione e cittadinanza con gli altri. La natura umana è un’identità comune, di incontro e interazione attiva tra la gente che, sulla base della democrazia diretta della polis greca, dialoga si confronta e dibatte nello spazio pubblico dell’agorà; mai come in questa vicenda globale l’essere umano ha perso molto, non solo in termini di vite spezzate, ma anche di libertà, disuguaglianze, valori e diritti traditi. Oggi, parafrasando il messaggio attualissimo di Arendt, abbiamo la possibilità di rimpossessarci da cittadini emancipati dello spazio pubblico, inteso quest’ultimo non come quello partitico o quello puramente esibizionista dei talk show e dei social media, ma come luogo di identità comune in riferimento alla grecità della questione, grazie alla quale da individui possiamo partecipare e immaginare liberamente con l’azione, il discorso e la relazione con l’altro la vita politica nella nostra comunità, organizzata come in una poliscontemporanea.




ph: Alice Caracciolo, luglio ‘21

Info
Per partecipare e conoscere la via esatta inviare una email di conferma giardinoproject@gmail.com
ingresso libero [posti limitati: 25]

Contatti
giardinoproject@gmail.com
www.giardinoproject.com
Instagram- giardinoproject
Facebook- giardinoproject



ph: Alice Caracciolo, luglio ‘21


Lucrezia Calabrò Visconti | Forme di sciopero nell’economia della presenza: dallo sciopero umano al femminismo estatico
Da alcuni decenni a questa parte la teoria critica del lavoro post-fordista ha sottolineato come lo sciopero dal lavoro, inteso come sottrazione del proprio corpo ai meccanismi imposti dal sistema produttivo, non sia più percorribile. Nel contesto dell’“economia della presenza” contemporanea, in cui la giornata lavorativa dura 24 ore e lavoratorə e datorə di lavoro convivono nello stesso corpo, lo sciopero come assenza è una tattica completamente inefficace. Secondo alcunə, questo fenomeno coincide con un processo di “femminilizzazione” del lavoro: alcune caratteristiche delle forme produttive contemporanee, come la scomparsa della differenza tra tempo del lavoro, tempo del piacere e tempo del riposo e la costante richiesta di lavoro emotivo e di cura senza compenso, erano infatti originariamente legate solo al lavoro riproduttivo di stampo “femminile”, come evidenziato negli anni Settanta dai movimenti per il salario al lavoro domestico. È forse proprio nei femminismi allora che possono essere individuate delle possibili modalità di sciopero dalle forme di sfruttamento contemporanee. In particolare, l’intervento si concentrerà sulla definizione di “femminismo estatico”, impiegata da Tiqqun per raccontare una corrente che attraversa il femminismo italiano degli anni Sessanta e Settanta. Il femminismo estatico identifica l’uscita da sé come possibile strumento di lotta politica: il concetto di estasi viene emancipato dall’ambito del misticismo religioso e del godimento femminile, dove è tradizionalmente relegato, per indicare un movimento esplosivo di uscita dai limiti prestabiliti, che rifiuta l’identità socialmente costituita del concetto di “donna” e con essa l’autorità patriarcale e neoliberista che la impone.


13.09.21 |
Marco Vitale, Marco Musarò | The desert we sang so long
In occasione di Lecce Art Week presso Palai (viale Guglielmo Paladini, 50)
ingresso libero con prenotazione e green pass info@palaiproject.com
Durata: ’60 minuti
Ingresso pubblico: 17.30
Performance: 18.00-19.00



Si suppone che Janitor of Lunacy, una delle grandi canzoni scritte da Nico, sia stata dedicata a Brian Jones, partner della cantante. Il suo testo sembra parlare dei giochi di potere che si manifestano all’interno della coppia o nel sistema amoroso in generale, dove un elemento dei due può esercitare un’influenza schiacciante sull’altro. Questa ovviamente è solo una delle possibili interpretazioni.

La performance rilegge e ripensa il testo di Nico, allargando e adattandolo ad altri e più ampi sistemi di potere e assoggettamento. Il tirannico Janitorche prende il controllo dall’alto, diventa così il sistema sociale attuale, munito dei propri meccanismi di ricatto. All’interno della pièce, viene eseguita un’azione che chiarisce questo slittamento di senso operato sulla canzone: due ragazzi sono impegnati a baciarsi ed essere intimi per un’ora, sotto pagamento al minimo sindacale.

Hannah Arendt poneva proprio il lavoro – ovvero l’essere pagati per svolgere una determinata mansione – fra quelle che lei definiva come “ripetizioni di convenzioni” o anche “attività inferiori” e suggeriva che un modo plausibile per far inceppare questo meccanismo fosse uno spostamento delle manifestazioni umane verso un’imprevedibilità evocativa. Le voci che cantano accompagnando il lunghissimo bacio salariato, infatti, da un lato descrivono i processi di tirannia economica esposti nella performance e dall’altro mostrano una via di fuga attraverso l’imprevedibilità tipica di un’improvvisazione: i performer eseguono il testo di Janitor of Lunacy, ma al contempo lo reinventano, lo spezzano, lo allungano a dismisura, trascinando alternatamente i suoi quattro minuti di durata sino all’ampiezza di un’intera ora.

L’opera pone in esperimento, dunque, una contraddizione, crea un luogo di contatto violento fra due elementi estremi ed opposti: il lavoro salariato, contro l’archetipo presente invece nel gesto del bacio; il lavoro inteso come attività inferiore per eccellenza dell’essere umano, contro una delle sue manifestazioni più elevate ed intime: lo sforzo di una bocca sull’altra, il linguaggio orale ravvicinato fisicamente sino al suo annullamento e alla sua amplificazione.


Janitor of lunacy
Paralyze my infancy
Petrify the empty cradle
Bring hope to them and me

Janitor of tyranny
Testify my vanity
Mortalize my memory
Deceive the devil’s deed

Tolerate my jealousy
Recognize the desperate need

Janitor of lunacy
Identify my destiny
Revive the living dream
Forgive their begging scream

Seal the giving of their seed
Disease the breathing grief





ph: Raffaella Quaranta, settembre ‘21


Si ringrazia

Claudia Giannotta, Christian Pagano, Elisa Perla, Caterina Dufì, Lavinia Dufì, Sofie Kaiser- Negro, Giulia Migliore, Roberta Pellè, Andrea Tundo, Federico Rizzo, Alessia Chiuri, Mattia Zaminga

Alice Caracciolo, Raffaella Quaratanta, Ambra Abbaticola, Marianna De Marzi, Pierandrea Rosato, PALAI, PIA e Palazzo Tamborrino Cezzi a Lecce




Profilo biografico essenziale

Lucrezia Calabrò Visconti (Desenzano del Garda, 1990) è una curatrice e art writer che vive a Torino, dove collabora con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Dal 2018 è la curatrice e tutor del YCRP, residenza di ricerca promossa dalla Fondazione Sandretto. Ha curato mostre e public programme per il Daelim Museum, Seoul (2020); Artissima, Torino (2019); Fondazione Baruchello, Roma (2019); De Appel e Stedelijk Museum, Amsterdam (2017); GAMeC, Bergamo (2016) tra le altre. Nel 2018 è stata curatrice della sesta Moscow International Biennale for Young Art e ha ricoperto l'incarico di curatrice della sezione New Entries di Artissima nel 2018 e nel 2019. Ha curato pubblicazioni tra cui Shifting views on Italian art. The curatorial residency as a research model (2020) e The New Work Times (2018). È giornalista pubblicista e i suoi testi sono stati pubblicati su riviste di settore, cataloghi museali, pubblicazioni d’artista. È co-fondatrice del progetto educativo e performativo The School of the End of Time con Ambra Pittoni e Paul-Flavien Enriquez-Sarano ed è attualmente Vice Presidente di AWI – Art Workers Italia. Si è formata in Arti Visive e dello Spettacolo all’Università IUAV di Venezia, ha frequentato il corso di studi e pratiche curatoriali Campo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino e il programma curatoriale De Appel, Amsterdam. Ha perseguito un perfezionamento filosofico e critico in Teoria Critica della Società all’Università di Milano-Bicocca ed è attualmente iscritta al Research-based Master Programme in Critical, Curatorial, Cybernetic, Research Practices alla HEAD di Ginevra. 

Marco Vitale (Brindisi, 1992), frequenta l’Accademia di Belle Arti diplomandosi nel 2017. Nel 2018 vince una borsa di studio per il corso di arti visive promosso da P.I.A., in seguito ricoprendo il ruolo di tutor. Tra i suoi ultimi progetti This Less is Gesture per Edicola Radetzky a Milano e Cries the man in the blue garden, presso Progetto. Nel 2019 partecipa alla residenza d’artista tra le fondazioni Morra e Lac o Le Mon e alla mostra In sei atti presso Casa Morra – Archivio d’Arte Contemporanea a Napoli, con la direzione di Cesare Pietroiusti. Vincitore del premio AccadeMibact espone il proprio lavoro presso Palazzo delle Esposizioni, in occasione della mostra Domani Qui Oggi a cura di Ilaria Gianni, principale evento collaterale di La Quadriennale di Roma 2020.

Marco Musarò (Gagliano del capo, 1989), dopo aver frequentato l’Istituto d’arte a Lecce si trasferisce a Milano, dove studia Scultura presso il dipartimento di Arti Visive dell’Accademia di Brera. Completa la sua formazione e si specializza in editoria d’arte presso l’accademia di Belle Arti di Lecce, terminando nel 2016 il suo percorso. Nello stesso anno vince il programma di residenza e premio di produzione Fixer e è selezionato per la mostra “Notes on Tomorrow” di CreArt con tappe Kaunas in Lituania, Kristainsad in Norvegia ed Aveiro in Portogallo. Tra le sue ultime mostre, Batball01 a Polignano a Mare.


Rassegna stampa

Forme Uniche, redazionale, 17.07.2021

Cecilia Pavone, Lorenzo Madaro, Vacanze in Salento? Ecco le migliori mostre dell’estate, Artribune, 20.07.21

Marinilde Giannandrea, Lavoro, femminismo e il coro di Rachele, il quotidiano di Puglia, 21.07.21

Marilena Di Tursi, Andar per mostre in Salento, il tour del contemporaneo, Corriere del Mezzogiorno, 05.08.21

Veronica Pillon, Intervista a Lucrezia Calabrò Visconti | giardino project, Volume 1. La condizione umana, ATPdiary, 25.08.21

The Others Art Fair, intervista con la curatric Kateryna Filyuk, Torino 2021


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